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venerdì, 29 Novembre 2024

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#fatecitornare in Sicilia: in un video l’appello disperato dei fuorisede al Governatore Musumeci

Restare a casa è un dovere, tornare è un diritto. Lo ribadiscono gli studenti fuorisede che hanno atteso per settimane l’inizio della fase 2 per poter finalmente tornare a casa, in Sicilia, in tutta sicurezza, e si trovano ora costretti a rimandare di nuovo perchè il Governatore, Nello Musumeci, ha intenzione di blindare l’Isola per un mese ancora, di sicuro fino al 17 maggio. E allora il grido si alza forte e trova nei social la miglior cassa di risonanza. L’obiettivo è arrivare proprio nei palazzi palermitani, e di portare fin sulla scrivania del Presidente l’hashtag #fatecitornare. Su change.org è partita una petizione, su Facebook e Instagram si moltiplicano post e appelli, e su Telegram è stato creato un gruppo che conta decine di ragazzi che non possono e non vogliono più aspettare. C’è chi ha perso il lavoro, chi non può pagare l’affitto, chi non riprenderà le lezioni e i genitori non ce la fanno più a mantenerli. Lo hanno fatto per due mesi, adesso sono stremati. “Invece di premiarci per la scelta responsabile di rimanere, due mesi fa, ci stanno punendo. Ci sentiamo presi in giro, – dicono – e siamo costretti a pensare che chi è scappato, sprezzante delle regole, sia stato più furbo di noi e abbia fatto bene”.

Sono migliaia, e alcuni di loro, per non rimanere solo voci, hanno deciso di metterci anche la faccia, con un video (vedi sotto) che arriva dritto al cuore, perché chi gli dovrà ribadire che davvero non possono ancora rientrare dovrà farlo dopo averli guardati negli occhi. Come Marinella Vanini, (foto) vittoriese di 20 anni e studentessa al 2^ anno in Biotecnologie, a Ferrara; come Martina Patti, l’autrice del video, 21enne nativa di Palermo e studentessa di Scienze Infermieristiche, bloccata anche lei a Ferrara da gennaio. E’ per aiutare pure loro che Nicolò Beneventi, 20enne ferrarese studente di Ingegneria Meccanica, ha inviato una mail con una lettera sia a Musumeci che all’assessore regionale all’Istruzione, Roberto Lagalla. “Lei non può voltargli le spalle, chiudendo le Frontiere della loro Sicilia – scrive Nicolò – non può cancellare tutti i treni, tutti i voli, tutte le navi, e non può impedire a questi poveri ragazzi di tornare a casa. Adesso che abbiamo imparato come limitare il contagio e l’andamento della curva epidemica è in netta discesa, le chiedo, con tutto il mio cuore, di prendersi cura di questi suoi conterranei e di dar loro la possibilità di esercitare i propri diritti, perché questo è un loro sacrosanto diritto”.

Jessica Salamone ha 20 anni e da due studia a Bologna, alla facoltà di Scienze della Formazione Primaria. Anche lei l’8 marzo ha deciso di rimanere.”Ho scrupolosamente seguito tutte le disposizioni, ho passato il mio periodo di quarantena e ho aspettato con ansia che mi dessero di nuovo la possibilità di rientrare a casa. Mi preme scendere giù poiché i miei genitori fanno dei sacrifici per mantenermi, e siamo in difficoltà. Inoltre, essendo una studentessa, ho degli esami da sostenere e mi serve una buona connessione ad internet che nella casa di Bologna non ho. Ho bisogno di rivedere i miei genitori, di raggiungere la mia casa e rasserenarmi psicologicamente, ma anche di poter esercitare il mio diritto allo studio”.

Martina Failla, invece, è trapanese, spegnerà 27 candeline a luglio e vive a Milano. A dicembre ha conseguito la laurea in Fotografia e Arte Contemporanea all’Accademia di Belle Arti di Brera e la pandemia l’ha sorpresa proprio in quella fase in cui, ultimati gli studi, si deve decidere cosa fare ‘da grande’, ma c’è pure un altro problema: Martina ha il diabete di tipo 1, rientra nelle categorie a rischio e ha, quindi, tutto il diritto di tornare, ma non ci sono i mezzi e ora che i suoi coinquilini stanno ricominciando a lavorare e a stare a contatto con altre persone vive con l’ansia del contagio. “Sono in quarantena dal 27 febbraio – racconta – e sono andata avanti grazie a qualche soldo messo da parte e agli aiuti dei miei, ma adesso ho l’esigenza di rientrare. Subito, non tra un mese. Ho organizzato tutto, c’è una casa vuota che mi aspetta per la quarantena, sono stata responsabile fino ad oggi e non mi metterò a far festa domani”. Martina vive fuori da anni, è abituata, e il suo pensiero in questo momento così delicato è soprattutto per chi è fuorisede da pochi mesi. E’ stata lei, che su Instagram ha un profilo da 18mila followers, a creare un gruppo su Telegram che, in due giorni appena, ha raccolto oltre 80 ragazzi nella stessa situazione.

“Avevo percepito fin da subito il pericolo, – continua – mentre ancora altri consideravano il mio un ‘panico esagerato’ e il virus una ‘normale influenza’. Quel fatidico sabato in cui in tanti decisero di tornare al sud, io non sono scesa. Mi sono detta: Perché rischiare? La situazione è che, dopo 60 giorni, mi trovo senza lavoro, perché in Italia l’arte viene sempre per ultima, un affitto da pagare e le bollette. Invece di chiamarlo ‘nuovo esodo’ e farci sentire appestati, perché non ci aiutate a tornare in sicurezza? Voi non potete nemmeno lontanamente immaginare lo stato d’animo di chi si trova fuori”. Infine, un messaggio diretto al Presidente Nello Musumeci: “Proteggere i siciliani è il suo compito, no? Bene. Siamo siciliani anche noi!”.

“Tornare a casa è un mio diritto” le fa eco Erika. Anche lei è rimasta in Lombardia mentre tutti fuggivano, per non mettere a rischio i propri cari qualora fosse stata asintomatica. “Non è stata una scelta facile, lontana dalla mia famiglia, con un affitto da pagare, un lavoro da precaria e il terrore causato dalla situazione. Dopo 60 giorni i nervi iniziano a crollare, i nostri appartamenti sono diventati delle gabbie e il senso di solitudine si fa sempre più grande. Sono disposta a farmi anche altri 60 giorni di quarantena, ma li voglio fare a casa mia, nella terra in cui sono nata e cresciuta, nel luogo in cui mi sento sicura, nella terra che oggi non mi vuole perché per il Presidente Nello Musumeci ‘non possiamo spalancare le porte della Sicilia a chi viene dal resto d’Italia, non è ancora il momento’. Allora mi chiedo, caro Presidente, quando sarà il momento? Questa è una grandissima ingiustizia! – conclude – e proprio in questo momento di difficoltà lei dovrebbe aiutarci e non abbandonarci!”.

Chiede aiuto anche una madre che preferisce restare anonima e che, da febbraio, si trova da sola con suo figlio in provincia di Treviso. “Io sono felice di avere mio figlio, è la mia gioia, ma se dovesse accadermi qualcosa, se mi dovessi ammalare, lui resterebbe solo! Se avessi la possibilità di tornare giù, mio figlio per lo meno avrebbe qualcuno con cui stare. Non sono solo gli studenti fuori sede a reclamare il rientro, ci siamo anche mamme, papà e lavoratori che vorrebbero tornare dalle proprie famiglie e ognuno ha una storia personale. La situazione è molto pesante dal punto di vista psicologico”.

Infine c’è Claudia, 22enne di Trapani che vive a Rimini e studia marketing. Anche lei ha scritto una lettera nella quale afferma di far parte “di quel grande gruppo di persone che, all’inizio dell’emergenza, ha scelto di agire con responsabilità e cognizione di causa”. “Siamo rimasti al Nord – aggiunge – perché era giusto. È stato un bene per la nostra salute, per quella dei nostri familiari, per quella dell’intera comunità Siciliana e del nostro sistema sanitario. È da mesi che siamo presso i nostri domicili, in totale isolamento, in situazioni più o meno difficoltose. Abbiamo stretto i denti, noi e le nostre famiglie, ma in tanti ora si ritrovano senza alcuna possibilità di incrementare il proprio reddito. Molto persone sono figlie di genitori che hanno perso il posto di lavoro e che non sono più in grado di pagare un ulteriore canone di locazione (con i prezzi del Nord Italia, peraltro!). Dopo tutti questi mesi, finalmente, il Presidente del Consiglio ci dà la possibilità di tornare presso le nostre residenze, ma, sempre perché ad essere onesti a quanto pare si sbaglia, il governatore Musumeci ha scelto di blindare la Sicilia e non esiste la possibilità di acquistare viaggi mediante trasporto aereo, stradale, ferroviario e marittimo. Sappiamo quali sono le misure che dobbiamo adottare una volta raggiunta la nostra Regione. Siamo coscienti e totalmente d’accordo! Ma non siamo tutelati, ci stanno privando di ogni diritto”.

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