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domenica, 24 Novembre 2024

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“Traduzioni – Shakespeare alla prova”: il 29 aprile i detenuti del carcere di Trapani in scena

Si terrà lunedì, 29 aprile, con inizio alle ore 11, alla casa circondariale San Giuliano, una performance dei detenuti dal titolo ”Traduzioni – Shakespeare alla prova”, nell’ambito di un progetto PON a cura dell’Istituto Alberghiero “Florio” di Erice, curato dal regista Massimo Pastore, che, per la realizzazione dell’iniziativa, intende ringraziare la Dirigente Scolastica, Pina Mandina, la professoressa Patrizia La Commare, tutor del progetto, la dottoressa Manuela Mancuso, psicologa, e Alessandra De Vita, assistente alla regia.

“Dopo 30 anni di esperienza nei laboratori teatrali nelle scuole – dice Pastore – non nascondo che questa nuova dimensione carceraria mi aveva all’inizio spaventato, perché era la prima volta che si realizzava per me la possibilità di lavorare con dei detenuti e sono stato preda di una serie di dubbi, primo tra tutti quello sulla mia eventuale capacità di condurre un laboratorio di questo tipo. Adesso, in dirittura d’arrivo, definisco questa una tra le più belle esperienze in assoluto della mia vita teatrale; tutti i timori sono stati fugati grazie alla complessità e alla ricchezza che ho trovato tra questi ‘attori’. Li chiamo così non a caso, perché quello che realizzeranno il 29 in scena è un piccolo saggio di cosa veramente dovrebbe essere il teatro. Credo, infatti, che – ora più che mai – la scena debba configurarsi, prima di tutto, come luogo di riflessione, di approfondimento e di studio del nostro orizzonte esistenziale e umano. Ed è chiaro che un ambiente come quello carcerario sia, in questo senso, un orizzonte tutto particolare”.

Massimo Pastore ricorda, a tal riguardo, il messaggio diffuso in questi giorni da Eugenio Barba, il fondatore dell’Odin Teatret. “Il regista italiano lascerà la guida di questo prestigioso gruppo internazionale l’anno prossimo e nel suo commiato insiste sulla necessità sociale di un teatro di comunità. E a me pare che, proprio all’interno di una comunità carceraria, la forma e gli strumenti del teatro si presentino come misteriosamente e inspiegabilmente a loro agio”.

“Non so se abbiate mai notato che l’anagramma della parola carcere è cercare – aggiunge Pastore -. E proprio questo cercare è stato il filo conduttore del nostro laboratorio che partiva dall’idea di lavorare sulla rielaborazione di certi particolari eventi storici (come quello dell’Olocausto) ed è approdato, alla fine, a una sorta di studio sui codici dell’anima e sulle sue libere e molteplici declinazioni e rappresentazioni. Un teatro dell’anima, quindi, per far parlare liberamente l’anima di queste persone che della libertà sono privati.”

Nel corso di questi mesi gli allievi sono stati impegnati nello studio e nella rielaborazione di alcuni testi shakespeariani e si sono lasciati condurre a riflettere su temi come la necessità del Bene, la bellezza dell’amore, la lotta per il potere. Alla fine, hanno elaborato uno spettacolo che è una sorta di passeggiata all’interno di alcune opere shakespeariane, da Romeo e Giulietta a Macbeth ad Amleto. Il confrontarsi con l’universalità dei temi trattati in queste opere, li ha portati a realizzare una visione prospettica della loro vita: una possibilità di rileggere il loro passato in vista di un possibile futuro. “La gioia più grande che ho avuto in questi mesi – conclude Massimo Pastore – è stato il sorriso e il grazie con cui queste persone ci salutavano alla fine dei nostri incontri. Una frase di uno di loro, in particolare, mi rimane nel cuore come dono e come insegnamento: “Vi ringrazio, perché nonostante i temi abbastanza complessi che affrontiamo, alla fine mentre risalgo in cella sorrido e vedo sorridere i miei compagni come se avessimo fatto una passeggiata all’aria aperta”. Io non so se questo laboratorio cambierà la vita a queste persone, non so se abbiamo offerto loro una possibilità di ricominciare, un nuovo inizio. So, però, che queste persone affronteranno la scena il 29 aprile con la capacità di non essere ristretti. Ho scoperto, infatti, che il termine con il quale spesso si identificano i detenuti è ristretti. Io, comunque, non li ho trovati ristretti nella loro voglia di confrontarsi con se stessi, con gli altri, con un nuovo progetto per la loro vita”.

Soddisfatta per il lavoro portato avanti e l’imminente realizzazione del progetto, la Dirigente Scolastica, Pina Mandina, che sottolinea “l’efficacia didattica e pedagogica di un’esperienza di questo tipo in cui la drammatizzazione ha grande potete catartico ed educativo”.

Lo spettacolo è stato inserito nel programma delle manifestazioni promosse dalla Rete dei laboratori teatrali in carcere in occasione della Giornata mondiale del teatro di quest’anno.

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