Cosa si cela sotto la tonaca di una monaca? “Tra i manoscritti di mio padre – scrive Elio Piazza –, maestro elementare Giovanni Piazza, si trovano aneddoti di vario genere, colti da tradizione orale esistente un tempo nella nostra città”. Questo è certamente degno di nota e racconta di come una suora e nobildonna marsalese “evadesse il pagamento del dazio, celando un bene prezioso proprio sotto la tonaca”.
Eccovi come sono andate le cose.
Ve lo giuro per la tonaca santa
La carrozza tirata da una magnifica pariglia di destrieri, verso l’imbrunire, rientrava in città per lo stradale di San Carlo. Apparteneva al Conte di Santa Romana Chiesa il Sig. De Sarzana e trasportava la sorella, Suor Maria di Gesù Crocifisso, professa nel monastero di San Girolamo, allora fuori dal monastero perché ammalata.
Il vecchio cocchiere, giunto all’ufficio daziario dei Cappuccini, rallentava facendo fermare i cavalli lì davanti, per la consueta ispezione daziaria.
– Voscenza benedica, Signora Monaca, ha qualcosa da daziare?
– Nulla, proprio nulla.
– Voscenza se ne vada.
E allo schioccar della frusta del cocchiere, i quadrupedi riprendevano il cammino trotterellando. E le cose andavano per il loro verso con un ritmo regolare.
Un dì, non ci è noto per quale ragione, il signor Conte licenziò il vecchio cocchiere, e questi, considerato ingiusto il suo licenziamento, volle vendicarsi. E trovò la maniera come effettuare il suo proposito.
Recatosi dai dazieri di Via Cappuccini, disse loro: – Signori, volete guadagnar qualcosa elevando una contravvenzione? Sappiate che ogni volta che è passata la monaca Suor Maria Crocifissa, vi ha ingannati, giacché sotto la tonaca, tra le gambe, ha trasportato un barile di vino di cinque cannate. Starete meglio in guardia per la prossima volta.
Soddisfatto del segreto palesato, il delatore voltò le spalle e percorrendo la via che conduceva in città, sorrideva e fantasticava su quanto sarebbe successo alla nobildonna.
Come di consueto, gli addetti al dazio municipale, videro nelle ore antimeridiane di una bella giornata passare la carrozza del Conte che trasportava in campagna la monaca ed una sua domestica. Attesero il tramonto, ora in cui rientrava la suora di molto migliorata in salute.
All’ufficio daziario si fermava la vettura ed ivi aveva luogo il solito dialogo:
– Voscenza benedica, Signora Monaca, porta nulla di dazio?
– Nulla, proprio nulla, buon uomo. Ve lo giuro per la tonaca santa che indosso.
Però il gabelliere, preavvertito, allungava una mano sotto la tonaca e vi trovava con sua grande gioia il barile pieno di vino. La multa fu presa e grande fu lo scandalo.
D’allora corse di bocca in bocca il giuramento della Monaca, più per dileggio che detto seriamente.
Il cocchiere licenziato era stato vendicato”.
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