A raccontarla sarà sua moglie, Filippa Di Dia, interpretata da Adriana Parrinello che porterà in scena fatti, sentimenti e le condizioni di una Marsala appena uscita dalla seconda guerra mondiale. Un monologo in siciliano, intimo e sincero, scritto da Chiara Putaggio, con la regia di Francesco Stella, musiche di Gregorio Caimi e prodotto dall’associazione culturale “I Musicanti”
Marsala – “Per la prima volta la storia di Vito Pipitone lascia i confini della provincia di Trapani e viene restituita la memoria all’interno di un Festival di caratura nazionale. Siamo davvero contenti di far conoscere un nostro concittadino che è stato esempio di onore, coraggio e giustizia sociale e che è stato ucciso per difendere i diritti degli agricoltori”. Sono le parole di Francesco Stella, regista di “Ed io l’amavo”, atto unico scritto da Chiara Putaggio, interpretato da Adriana Parrinello con le musiche di Gregorio Caimi.
Il monologo è stato selezionato e inscritto nel cartellone della terza edizione del CATANIA OFF FRINGE FESTIVAL e andrà in scena dal 17 al 20 ottobre nella sala grigia dello “Zo centro culture contemporanee”. In particolare sono previste quattro repliche: il primo spettacolo si terrà il giovedì 17 ottobre alle ore 19; poi venerdì 18 alle ore 21; sabato 19 alle ore 17 e domenica 20 alle ore 19.
Vito Pipitone sarà mostrato al pubblico attraverso gli occhi e i sentimenti di sua moglie, Filippa Di Dia, che racconterà un amore, anzi, due: quello di una donna per il suo compagno di vita e quello dei giusti per l’onestà e la parità di diritti.
È attesa anche la presenza degli esponenti di Libera Catania, con l’intento di realizzare un cammino comune verso un percorso di memoria che divenga strumento di crescita sociale.
Vito Pipitone, sindacalista marsalese della Federterra (CGIL di allora) fu freddato da un colpo di fucile allo stomaco l’8 novembre del 1947. Il giorno dopo avrebbe dato vita ad una manifestazione contadina per la lottizzazione e assegnazione agli agricoltori di un feudo, in esecuzione della legge Gullo, secondo cui le terre incolte avrebbero dovuto essere divise tra i braccianti. Ma la nuova norma incontrava il dissenso dei latifondisti e della mafia. Vito fu ucciso mentre, in bicicletta, andava a trovare la madre. Lasciò la moglie Filippa e quattro figli. Da quella notte la vita di Filippa cambiò radicalmente. L’atto unico ripercorre la loro vita insieme, l’amore di Filippa per il marito, la sua dedizione per “quelle mani che seppur “abbruciate di lu suli e cu l’ugna nivure”, lei amava tanto. Sullo sfondo una Marsala post guerra, fatta come coperta in patch work dove ogni contrada è un pezzo di colore diverso, memore del bombardamento degli americani (avvenuto l’11 maggio del 1943), in seguito al quale gli ‘nfami saccheggiarono tra le macerie per poi diventare alleati dei campieri, dei mafiosi.
“Con l’espressione “vittima della mafia” solitamente si intende chi viene ucciso, ma è vittima anche chi subisce indirettamente questa violenza, chi resta, chi ha amato, chi ama ancora, chi viene sconvolto da una perdita che trasforma per sempre la sua vita e la vita dei suoi familiari – spiega l’autrice Chiara Putaggio –. Circa 14 anni fa ho conosciuto Antonio Pipitone, figlio di Vito e Filippa. Gli ho promesso che avrei scritto il suo racconto. Così nasce questo lavoro. Poi due anni fa, in occasione della prima messa in scena, all’interno della rassegna ‘a Scurata, ho saputo che Pietro Pipitone era il figlio maggiore di Vito. Lo conoscevo da quando ero piccola ma non avevo idea della sua storia personale. Sono stati costretti ad andare a lavorare da bambini e hanno conosciuto una sofferenza che oggi merita attenzione e rispetto. Sono molto felice di avere l’opportunità di far conoscere la storia di Vito Pipitone all’interno di una manifestazione così importante. La memoria è un dovere, ma anche un dono”.
Ad interpretare Filippa Di Dia sarà l’attrice Adriana Parrinello: “È un’emozione da condividere – afferma – e, allo stesso tempo, da tenere stretta a me. Un’occasione per mostrare la passione e la dedizione al teatro, inteso come forma di compartecipazione di ideali e sentimenti. Un momento a cui sono davvero orgogliosa di partecipare”.
“La storia di Vito Pipitone è stata sepolta nell’oblio per decenni, soltanto da circa 15 anni, grazie a Libera (il presidio di Marsala è intitolato al sindacalista marsalese) è stata fatta conoscere alla cittadinanza ed è anche stato individuato il luogo dove è sorta una stele commemorativa – ha commentato Salvatore Inguì, coordinatore provinciale di Libera Trapani –. Libera ha fatto in modo che la famiglia non si sentisse abbandonata. Ma nonostante tutto Vito Pipitone ancora è conosciuto da una nicchia di persone e non è adeguatamente commemorato. Questa opera teatrale, che punta sulla prospettiva umana e al tempo stesso eroica, è un esempio di come fare memoria. Memoria di una modalità di lavoro sindacale, di un modo di rappresentare il mondo dei poveri, dei lavoratori che fanno fatica a sopravvivere e hanno diritto a far rispettare i propri diritti. È inoltre un lavoro audace perché in un momento in cui si tende ad un revisionismo storico e si tende a rendere vano il sacrificio di molti, quest’opera restituisce il sacrificio umano ed eroico di questo nostro concittadino”.
“Filippa è simbolo vivo di chi lotta per la giustizia e la verità – aggiunge il regista Francesco Stella –. Simbolo di chi non ha “semplicemente” superato il dolore, perché certi dolori non si superano mai, ma lo ha oltrepassato, facendo della propria vita una testimonianza concreta di impegno per la lotta a tutte le mafie”.
“Lo spettacolo è già stato messo in scena per la prima volta all’interno della V rassegna “’a Scurata – canti e cunti al calar del sole” – spiega l’autore delle musiche e presidente dell’associazione I Musicanti Gregorio Caimi, registrando il sold-out, e poi anche per due serate all’interno dell’Officina artistica Carpe Diem. Adesso approdiamo al Fringe Festival con emozione gioia. L’arte, la giustizia, l’affermazione dei diritti costruiscono bellezza che va condivisa”.