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martedì, 16 Luglio 2024

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Messina Denaro, sequestrati beni archeologici a un trafficante d’arte vicino al boss

Nel mirino della Dia è finito Giovanni Franco Becchina, accusato di aver finanziato la latitanza del capomafia. A lui appartenevano le anfore tardo-romane e gli altri reperti con scene mitologiche

La Direzione investigativa antimafia ha eseguito un decreto di sequestro finalizzato alla confisca di prevenzione che riguarda beni tutelati da interesse storico, artistico ed archeologico appartenenti a un trafficante internazionale di opere d’arte, Giovanni Franco Becchina, indicato come collegato al boss Matteo Messina Denaro. In particolare, si tratta di svariate anfore di epoca tardo romana e di un basamento di marmo riproducente scene mitologiche scolpite su tutti i lati, di età ellenistico-romana, tutti ritenuti di ingente valore.

“Trafficante internazionale” A carico del destinatario del provvedimento, si legge in una nota della Dia, “emergono numerosi indizi riguardo alla sua pericolosità, caratterizzata dall’essere un soggetto che trae il suo sostentamento dalla propria attività di trafficante internazionale di reparti archeologici”. Il trafficante, Giovanni Franco Becchina, 85 anni, di Castelvetrano, entra ed esce da vicende giudiziarie legate al capomafia ormai da anni.

Attività illecita e collaboratori di giustizia Dell’attività illecita svolta dal trafficante avevano parlato in passato diversi collaboratori di giustizia. La misura di prevenzione, emessa a fronte di una proposta del direttore della Dia e del procuratore della Repubblica di Palermo Maurizio de Lucia, ricalca analoghi provvedimenti scaturiti grazie alle indagini patrimoniali svolte dalla Direzione investigativa Antimafia di Trapani, che ha dimostrato la sproporzione tra le fonti di reddito e gli impieghi del nucleo familiare dell’indagato.

Le opere d’arte saranno ora affidate per la custodia alla Soprintendenza dei Beni culturali e ambientali al fine di renderle di nuovo fruibili alla collettività. Chi è Giovanni Franco Becchina Indagato in passato (l’inchiesta è poi stata archiviata) per un progetto di furto del Satiro Danzante, ora custodito a Mazara del Vallo, in cui lui era il mandante, Becchina è stato poi accusato di aver finanziato a lungo la latitanza del capomafia. “Perché Gianfranco Becchina doveva dare queste cose e quindi dovevano andare a finire a Panicola per poi arrivare a chiddu, a Matteo Messina Denaro”, aveva raccontato agli investigatori un altro finanziatore del boss, Giuseppe Grigoli, imprenditore.

Nel 2017 un sequestro di beni per milioni di euro Nel 2017 a Becchina furono sequestrati beni per milioni di euro. “Pur non riportando ad oggi condanne definitive per il reato di associazione mafiosa, le sue frequentazioni, i suoi ‘traffici’ e i rapporti diretti con gli ambienti della criminalità organizzata di tipo mafioso castelvetranese rendono infatti attuale e rilevante il suo grado di pericolosità ‘qualificata’”, si leggeva nel provvedimento di sequestro del 2017.

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