Si è conclusa alle 13.25 circa la processione dei “Misteri” di Trapani, il lungo giorno ( e notte) dei trapanesi che hanno potuto rivivere i misteri della passione e morte di Cristo dopo due anni di fermo a causa della pandemia. Assente il vescovo Pietro Maria Fragnelli che ieri è rientrato a casa per l’aggravarsi delle condizioni di salute di sua madre, è stato il vicario generale don Alberto Genovese (che ieri in apertura, aveva letto un messaggio del vescovo), a concludere la processione davanti al simulacro della Madonna Addolorata.
Dopo aver portato il saluto e la preghiera in comunione di mons. Fragnelli, il vicario ha incentrato il suo breve discorso su tre parole. La prima è stata grazie: alla città, ai visitatori che si sono uniti a questa celebrazione corale, alle persone sofferenti o anziane che si sono unite attraverso la tv o i social e in particolare alle istituzioni che con la concertazione tra Diocesi e Unione Maestranze, insieme ai tanti volontari hanno permesso di tornare in processione.
“Abbiamo smentito il detto ‘non c’è due senza tre’ – ha detto con una battuta – siamo riusciti a tornare in strada con i sacri gruppi a testimonianza che quando si lavora insieme e in sinergia rispettando le regole è possibile fare tutto. Sentiamoci tutti in questo grazie –ha continuato – e non pensiamo che tutto sia concluso perché anche quando il portone sarà chiuso ci aspetta il trionfo della Resurrezione che dà senso alla Passione. La seconda parola è stata dedicata alla passione degli uomini e delle donne del nostro tempo: alle vittime del conflitto in Ucraina e di tutte le guerre dimenticate nel mondo, ai migranti sbarcati questa mattina nel nostro porto, quello di una città che si definisce “città dell’accoglienza”, alla passione che vivono tutti coloro che soffrono a causa della malattia. La terza parola è stata narrazione.
“Questa notte passata con il popolo dei misteri – ha continuato – ha generato tanti pensieri: pianto, emozioni, voglia e gioia d’incontrarsi, voglia di mettersi in gioco e di ricominciare e mi ha fatto pensare in questi giorni in cui anche gli Ebrei celebrano la loro Pasqua, un antico racconto chassidico che parla di un anziano paralitico che racconta la salvezza del Signore alla sua famiglia, ai suoi nipoti e che mentre racconta si mette in piedi. Ecco – ha concluso don Genovese – raccontare significa tramandare come anticamente si faceva da noi con il ‘cuntu’ , raccontare significa rimettersi in piedi. Rialzarsi a fare ‘Pasqua’ con l’impegno di tutti: esprimere la nostra identità cristiana trapanese, tramandarla, fa il miracolo di farci rialzare”.
Domani alle ore 10 con le lodi del Risorto, nella Chiesa del Purgatorio, immersa ancora nel clima della processione, si darà inizio alla processione di Pasqua che si concluderà alle ore 11 in Cattedrale dove prima della celebrazione eucaristica, tre esponenti dei ceti delle Maestranze racconteranno la loro esperienza e la loro emozione. Alle ore 12 circa l’immagine del Cristo Risorto rientrerà nella Chiesa del Purgatorio.
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