Marsala – Ancora una volta una “perla” ci viene donata dall’archivio del prof. Elio Piazza e riguarda la vita precedente di uno dei Mille, che era una mente sopraffina, che non badava ai pregiudizi che lo riguardavano riguardo al suo modo di vestirsi che non era di certo “da universitario”. “Tra i volontari sbarcati a Marsala ci fu lo studente Antonio Pievani, di Tirano (Sondrio) – scrive Elio Piazza –. Di lui conosciamo la biografia scritta dall’alunno di 5^ elementare Alberto Merizzi di Tirano ed inviata a Giuseppe Caimi “Maestro dei Mille” nel 1969 e suggerita dal maestro William Marconi. Anni dopo, William Marconi mi fece pervenire uno scritto che racconta un aneddoto interessante che illustra la personalità di quel volontario sbarcato a Marsala”. Chiara Putaggio
Un volontario dei Mille
Antonio Pievani
…Furono appunto le matematiche a spingerlo verso l’ateneo pavese. E a Pavia si svolge uno fra gli aneddoti rivelatori della sua personalità.
Egli vi era giunto per vivervi la prima grande solitaria avventura dell’incontro con le verità astratte: non aveva quindi pensato di lisciarsi e impomatarsi, ma era giunto all’università così quale era a Tirano, col suo pesante pastrano a mantellina e le grosse scarpe di cuoio nostrano. Tale lo videro entrare nell’aula non senza qualche pudore – come ebbe a narrarmi don Cesare Visconti Venosta – gli amici e i colligiani. E non giovavano a risollevare la situazione neppure gli occhi splendenti di intelligenza ché – appena ebbe inizio la lezione – essi cominciarono ad appannarsi ed a vagare lontano quasi annebbiati dalle brume pavesi.
Il docente era in uno di quei momenti di scoramento che colgono a volte anche i migliori maestri di fronte alla sempre nuova difficoltà di comunicare il proprio pensiero e quel montanaro distratto gli parve il simbolo della incomprensione del suo uditorio. Sicuro che nessuno nell’aula avesse capito la sua dimostrazione, deciso a misurare fino in fondo l’abisso che lo separava dai suoi ascoltatori, chiamò alla lavagna il Pievani con parole di acerba ironia, certo che < quella faccia da tonto, là in fondo all’aula> doveva aver capito anche meno degli altri.
Il Pievani si alzò tranquillo e sereno, rifece dapprima punto per punto la dimostrazione, e poi, dimentico delle cose esteriori, sulla cattedra come lo era stato nei banchi, proseguì il ragionamento traendone sviluppi nuovi e impreveduti per lo stesso professore. Questi lo ascoltava con crescente sorpresa finché, quasi a disagio, infilato un dito fra il collo e il colletto, cercava invano di liberarsi da qualcosa che sembrava soffocarlo. Ma nulla realmente lo soffocò.
Quel giovane che proseguiva a parlare, perduto nell’astratta bellezza della verità pura, non tocco dall’ammirazione come non lo era stato dall’ironia, era maturo per essere, come lo fu, collaboratore ed amico del maestro.
L’alacre lavoro degli anni universitari subì un’interruzione nel 1860. L’ora era scoccata ed altri cimenti chiamavano Antonio, ben diversi dalle matematiche. Si imbarcò a Quarto il cinque maggio e approdò coi Mille a Marsala…
Dall’Università di Cagliari Paola Maria Arcari
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