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Parità… Io non faccio gli auguri per la festa delle donne “Ho detto se”

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La matrigna a Cenerentola: “Non c’è ragione che non venga anche tu, se finisci in tempo tutte le faccende, e se troverai un vestito adatto da indossare”.

Cenerentola: “Le finirò, troverò il vestito. Grazie signora madre” (esce contenta e speranzosa)

Genoveffa (irritata): “Madre, Ti rendi conto di quello che hai fatto?

Matrigna: “Sì, ho detto se…

Ebbene questo breve dialogo del capolavoro Disney rende bene l’idea di quello che è il metro della parità e anche delle opportunità date alle donne. Al di là della fiaba di Cenerentola, che diverrà regina perché di lei si innamorerà il principe (solita metafora maschilista) quello che accade nella casa d’origine è in pratica molto affine alla vita di ogni donna del nostro tempo.

Ogni donna può lavorare, anzi è apprezzato il lavoro “fuori casa”, può perseguire sogni e obiettivi, può crearsi un tessuto sociale interessante e soddisfacente, ma…solo dopo aver sbrigato tutte le faccende e aver indossato l’abito adatto.

Il ruolo di accudimento e di cura è ancora eccessivamente sbilanciato a discapito delle donne. L’uomo è visto con ammirazione quando “aiuta” a casa. come se fosse un ospite, un passante temporaneo che gentilmente dà una mano, e non domiciliato o addirittura padrone di casa. e qui si innesta il solito fastidio semantico. Il perfetto padrone di casa è colui che detiene uno status di prestigio e ha una bella dimora.

La perfetta padrona di casa, tiene tutto pulito e cucina bene. Una specie di colf di grado superiore. In tutto questo ci viene chiesto di essere equilibriste tra fatiche lavorative, desideri o aspirazioni (ai quali spesso dedichiamo i pochi ritagli di tempo quando non crolliamo stremate dopo giornate interminabili) e esigenze familiari, che diventano emergenze legate ad orari ferrei degni di uno slalom olimpico.

Tutto questo “indossando l’abito giusto”, rimanendo sempre opportune, come madri, donne lavoratrici, sportive (chi ne è capace) e magari intellettuali o studiose. A noi tocca il compito biologico di mandare avanti il mondo e la nostra specie, ma non quello di farlo “felicemente”. Ma un mondo infelice genera disparità, incomprensioni, guerre. Un mondo infelice vede tavoli di negoziazione tutti maschili, mentre le donne portano i figli in braccio per chilometri lontano dalla loro vita e dal loro mondo sorridendo “per forza”.

In un mondo PARI, le donne farebbero la pace, o almeno ci proverebbero e avrebbero il fresco e limpido diritto alla felicità senza per forza il carico di FATICA che spoglia quella gioia e la fa invecchiare. Io non faccio gli auguri per la festa delle donne.

Non c’è niente da festeggiare. Festeggeremo se saremo felici. Ho detto “se” saremo felici.

Chiara Putaggio

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