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La pandemia, la guerra e i papaveri rossi

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Se solo poco più di tre anni fa ci avessero detto che avremmo subito una pandemia, che il mondo si sarebbe fermato, che ci sarebbero stati milioni di morti per un nemico invisibile e che poi, quando l’emergenza sanitaria sarebbe stata sul finire (forse) sarebbe scoppiata la guerra in Europa o alle sue porte… nessuno ci avrebbe creduto. Eppure è tutto vero ed è folle.

Notavo oggi, uscendo da scuola, che sul ciglio delle strade di campagna, sono già fioriti alcuni timidi papaveri. È strano. Siamo a febbraio e già sbocciano i fiori che più di ogni altro sono per noi (innamorati di De André e con negli occhi ancora l’immagine filmica del capolavoro che è La Guerra di Piero) simbolo di libertà e al tempo stesso gli unici capaci di creare bellezza rossa nel mare dorato dei campi grano.

Tutto è fuori tempo. Tutto è troppo presto. Ora è carnevale. I colori dovrebbero essere quelli delle maschere e invece le maschere le teniamo ancora su naso e bocca e non certo per far festa. Nel frattempo, la Russia, o meglio, le forze militari russe entrano in Ucraina che, strana coincidenza, è il granaio d’Europa. In mezzo ci sono gli insoluti risalenti agli anni ’40 e la Nato, la cui stessa esistenza presuppone la permanenza di schieramenti contrapposti: i Paesi nella Nato vs quelli che non ne fanno parte. È tutto sbagliato. L’esistenza data per scontata di schieramenti è sbagliata.

È terribile il ricorso alle armi. È incivile anche il solo pensiero della violenza. È assolutamente insensato, specie perché veniamo da due anni di tragica pandemia che non ha risparmiato nessuno, che ha impedito ai nostri bambini di conoscere la vera e piena libertà e anche e soprattutto la socialità. Quello ucraino si dimostra POPOLO nella dignità, nel coraggio.

Ma quello che sconvolge è che tutto questo accada nell’antico continente. E qui c’è il controsenso. Dove finisce l’Europa? Dove finisce il cosiddetto mondo occidentale? Per noi l’Ucraina è Europa, per Putin invece legami di sangue la lega alla Russia. È come se, caduto il muro di Berlino, ce ne siano ancora di altissimi mai veramente valicati.

La diplomazia, e la democrazia universale, non sono compiute. È vero che i popoli ucraino e russo sono fratelli ed è altrettanto vero che sono tanto vicini all’Europa. Ma la Terra è rotonda e l’occidente è solo una convenzione che ha usato le parole – le definizioni – per bloccare la comunicazione. Il mondo non è nostro. Lo abbiamo avuto in prestito e lo lasceremo a chi verrà dopo.

Tutto è anacronistico eppure è troppo veloce. Il mondo si è fermato eppure è primavera inoltrata a febbraio, ma senza sole fa freddo. Come si può restituire equilibrio a questo tempo forsennato? Ripartendo dal rispetto, dall’ascolto. Lo ha detto anche Drusilla Foer nell’appena trascorso Sanremo. La rivoluzione sta nell’ascolto dell’altro, ma non si può ascoltare se suonano le sirene che impongono il coprifuoco.

Non si può ascoltare se fischiano le bombe. Non si può ascoltare se si è morti. Fermiamo tutto questo. Ora. E ascoltiamo, vi prego.

Chiara Putaggio

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