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lunedì, 2 Dicembre 2024

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Nicola Mulè: “Al referendum ho votato Sì, senza se e senza ma”

riceviamo e pubblichiamo

Al referendum di questi giorni (20 e 21 settembre) ho votato Si, senza se e senza ma. Soprattutto senza interessarmi minimamente se la vittoria del si possa favorire la compagine governativa o l’opposizione; piuttosto penso con il SI vincerà il buonsenso.

Mi sono, tutt’ora, oscuri i veri motivi del No in quanto:

1) La rappresentanza non verrà minimamente intaccata visto che con i listini bloccati ciascuno può candidarsi e vedersi eletto in qualsiasi collegio della penisola. Vedasi il caso della Boschi eletta in Trentino o Casini eletto in Sicilia. Leoluca Orlando con l’IDV invece venne eletto in quattro regioni differenti (tra cui il Veneto) e scelse la Sicilia. La rappresentanza territoriale dal porcellum in avanti è sempre stata una chimera. Ma v’è di più, con la riforma della costituzione sarà necessaria e non rinviabile una riforma elettorale che, si auspica, eliminerà i listini bloccati in favore delle preferenze.

2) Nessuna costituzione del ‘48 verrà mai stuprata (termine aberrante, poi ricino a Salvini) perché il primis la costituzione non ha la vulva, in secundis perché la costituzione del ‘48 non prevedeva un numero di parlamentari definito, ma semplicemente un meccanismo proporzionale che portò all’elezione di 574 onorevoli e 237 senatori. Fu la democrazia cristiana, con la riforma del ‘63 a portarli a circa un migliaio (945 per la precisione) per aumentare il numero dei suoi eletti (visto che governo’ incessantemente fino agli anni ‘90. Quindi state sereni nessuno stupro verrà commesso e nessun Padre fondatore si rivoltera’ nella tomba.

3) Il Parlamento non verrà svilito se dovesse vincere, come vincerà, a mani basse, il si. La sua competenza legislativa, a torto o ragione, è già stata erosa: prima legiferava solo lui, poi, nel ‘70, ci furono le regioni (altri 90, ora 70, rappresentanti) poi l’ UE ( aridaje ulteriori rappresentanti). Sia all’Unione europea che alle regioni sono state demandate competenze su specifiche materie, ma fu nel 2001 con la riforma costituzionale del titolo V, con la quale si attribuirono alle regioni, in maniera sia CONCORRENTE che ESCLUSIVA, materie che da sempre erano relegate al potere legislativo dello stato centrale, che si diede la “mazzata” finale. Si pensi che l’art 117 che recitava:”La potestà regolamentare spetta allo Stato nelle materie di legislazione esclusiva, salva delega alle Regioni” divenne:”La potestà legislativa è esercitata dallo Stato [70 e segg.] e dalle Regioni nel rispetto della costituzione” passando da una competenza esclusiva ad una concorrente. Io purtroppo col culo che mi ritrovo diedi amministrativo a ridosso della riforma e il mio grandissimo prof. Guido Clemente di San Luca ci fece studiare entrambi i Titoli in comparazione.

Infine ritengo che, il SI al referendum costituzionale sul taglio dei parlamentari dai 945 attuali a 600, sia la giusta decisione dato il contesto storico, economico e sociale attuale.

Sebbene i detrattori del SI adducano che il taglio apporterebbe un risparmio limitato a 60 mln di euro annui contro i fautori del SI che invece parlano di 285 mln, la ragione economica credo sia di scarsa rilevanza rispetto ad altri argomenti di maggiore rilievo: la semplificazione dell’attività parlamentare, potendo un numero più ridotto di parlamentari trovare maggiori possibilità di accordo; una più adeguata selezione della classe politica che privilegi la qualità dei prescelti; una maggiore trasparenza dell’operato dei parlamentari il cui numero ridotto ne consentirebbe un controllo più ampio (penso che i Razzi e gli Scilipoti o gli assenteisti o i dormienti-nel senso chi s’addummiscino avvero-avranno vita meno facile). Di guisa verrà modificato anche l’articolo 59 relativo si senatori a vita i quali passeranno definitivamente a cinque (non a cinque ogni presidente).

Concludo, stavota avvero: Penso che, nonostante tutto, indipendentemente da chiunque vinca, non sia una riforma epocale e all’indomani del referendum tutto andrà avanti come prima. Non sono queste le riforme che servono davvero al paese.

Nicola Mulè

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