Si attende questo pomeriggio la sentenza della corte costituzionale sulla incostituzionalità dell’articolo 580 del codice penale. L’articolo riguarda l’istigazione al suicidio punito con la reclusione dai 5 ai 12 anni. La suprema corte fu investita dalla Corte d’appello di Milano, che doveva sentenziare sull’operato di Marco Cappato, esponente radicale, che accompagnò Fabiano Antoniani (dj Fabo) cieco e tetraplegico, in Svizzera su richiesta di Fabiano, per esperire il suicidio assistito. Era il febbraio 2017 quando Fabiano spirò.
Ad inizio di marzo Cappato si autodenuncio’, da lì iniziò tutto l’iter giudiziario, indagini, richiesta di archiviazione dei Pm, rinvio a giudizio del GIP, processo, i pm chiedono l’assoluzione perché “il fatto non sussiste”, in subordine di eccepire sull’illegittimita’ costituzionale dell’articolo 580 c.p.. La corte accoglie la seconda istanza e investe la suprema corte.
L’ultimo giorno utile il governo Gentiloni si costituisce davanti la Corte in difesa della legittimità dell’articolo , siamo ad aprile 2018, lo stesso era in carica per il disbrigo affari correnti,dopo le dimissioni avvenute in seguito alle elezioni politiche nazionali del marzo 2018. La Suprema Corte, chiese al parlamento di legiferare sul vuoto normativo in materia di fine vita. Il parlamento non ha legiferato. Oggi arriverà la sentenza della Suprema Corte.
Fin qui l’excursus, fattuale e giuridico dell’evento. Ora l’etica della vicenda. Le scuole di pensiero sono due. Una religiosa, l’altra laica. La prima asserisce che la vita sia un bene indisponibile, che esso ci viene donato da Dio, e che lui solo lui deciderà quando sia giunta l’ora, e mai e poi mai può essere l’uomo a deciderlo.
La scuola di pensiero laico sostiene che la vita sia un bene personale e che in ragione di ciò, si può decidere il proprio comportamento, a maggiore ragione quando si tratta di un uomo sofferente, con nessuna speranza di guarigione. L’atteggiamento del governo gialloverde è stato pilatesco, lasciando alla suprema Corte dirimere la quaestio.
La quaestio è delicata, ma in una società che ha fatto dell’autodeterminazione un caposaldo sia nel pensiero cattolico, vedi il libero arbitrio, che laico, andando anche oltre di quello singolo, si pensi all’autoderminazione dei popoli.
Alle soglia del 2020 è possibile che un individuo non sia titolare di uno “ius cogens”, ad autodeterminarsi, quando non può farlo personalmente? Forse è superfluo ribadire che tale scelta debba avvenire in piena libertà e con la capacità d’intendere e volere.
Vittorio Alfieri
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