Categories: Opinioni Politica nazionale

La quiete dopo la tempesta: Habemus Imperium

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È stato l’agosto politicamente più impegnativo della storia repubblicana. Tutto ebbe inizio il sette agosto, quando la mozione del M5S che chiedeva si rinunciasse definitivamente alla realizzazione della Tav fu bocciata, trovando Lega, PD, Forza Italia e Fratelli d’Italia favorevoli all’effettuazione dell’opera. L’indomani l’ex ministro degli interni dichiarò conclusa l’esperienza del governo gialloverde. Cercò di calendarizzare subito la crisi, ma non ci riuscì prima di ferragosto, sperando di andare il prima possibile alle urne.

Lo scontro finale avvenne il 20 agosto al senato, fu un duello rusticano senza esclusione di accuse, tra il presidente del consiglio e il ministro degli interni. Conte si reco’ al Quirinale e rassegno’ le dimissioni. I successivi 15 giorni sono stati intensi, il presidente della repubblica Mattarella, seguendo il dettato costituzionale, ha chiesto agli attori se ci fosse la possibilità di creare una maggioranza. L’unica fattibile M5S-PD gli fu prospettata e i partiti chiesero tempo per interloquire.

I giorni concessi dal presidente portarono alla determinazione di affidare a Conte la formazione del governo. Il delirio della crisi ha raggiunto l’apice quando l’esito della formazione del governo è stata subordinata al risultato del voto sulla piattaforma Rousseau. Neanche è immaginabile l’idea di dover riferire al presidente Mattarela l’esito negativo del voto. E la credibilità della nazione, anche alla luce dell’endorsement di USA e UE al Conte bis.

La reazione dei mercati poteva essere catastrofica. Il responso favorevole alla creazione del governo ha dato il via a Conte per sciogliere positivamente la riserva e a comunicare la lista dei ministri. L’esecutivo è operativo, ha giurato. Dopo questo delirante agosto, si può tranquillamente condividere che “la politica sia l’arte del possibile che sublima l’impossibile” . Habemus Imperium. Nunc alterum, per scongiurare l’aumento dell’IVA.

Nota di colore, il passaggio della campanella, che sancisce l’avvicendamento nella sala delle Galere, tra un presidente del consiglio entrante e l’uscente non è avvenuto, non poteva sdoppiarsi, ovviamente, a meno che non sia il novello Conte di Montecristo.

Vittorio Alfieri

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