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Monsignore arrestato per truffa, tra i beni un sito di Selinunte: 300 persone coinvolte

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Cene di gala in Vaticano e lussuose e antiche ville. Era questa la vita di monsignor Patrizio Benvenuti, alto prelato 64enne di origini argentine, arrestato dalla Guardia di finanza di Bolzano con l’accusa di una truffa da 30 milioni di euro ai danni di quasi 300 persone, prevalentemente anziani e residenti all’estero. Affidavano i propri soldi al sacerdote per investimenti e per la sua fondazione umanitaria Kepha, che finivano però in un articolato meccanismo di riciclaggio tra persone, società estere e italiane.

Con mandato di cattura internazionale è ricercato l’affarista francese, Christian Ventisette, di 54 anni, stretto collaboratore del monsignore. Altre sette persone (italiani, francesi e belgi) risultano invece indagate. Il prelato, da parte sua, nega di avere mai indotto alcuno a versare capitali e di avere promesso profitti. “Contro di me una colluvie di menzogne”, dice, e si dichiara raggirato e tradito da Ventisette, che ha assecondato “perchè avevo totale stima e fiducia di lui”. L’inchiesta è partita nel settembre 2014 dalla segnalazione di una suora altoatesina, per 20 anni perpetua del prelato.

La religiosa aveva, infatti, ricevuto per posta documenti riferiti ad un trust e a una società di capitali, entrambi denominati ‘Opus’, movimenti di denaro per centinaia di migliaia di euro e delle quali non sapeva darsi una spiegazione. Tempo fa, spinta dalla fiducia che riponeva nell’ecclesiastico, aveva firmato alcuni contratti, divenendo, tra l’altro, rappresentante legale di ‘Opus’ nella sede in Alto Adige. E’ rimasta così coinvolta nel procedimento fallimentare della società Kepha Invest in Belgio. La religiosa, che oggi ha 74 anni ed è tornata a vivere in Alto Adige, avrebbe anche dato in prestito al prelato complessivamente 35.000 euro, mai restituiti. Con questi soldi Benvenuti avrebbe finanziato cene in Vaticano, a Roma e presso Circoli Ufficiali della Marina Militare.

Benvenuti in passato ha infatti operato presso vari livelli del Tribunale ecclesiastico alla Santa Sede in Vaticano e come cappellano della Marina Militare a Chiavari. Secondo gli inquirenti, con questi ricevimenti aveva conquistato la fiducia di complessivamente 250 investitori, soprattutto francesi e belgi. All’inizio tutto sembrava funzionare, ma a partire dal 2014 non si vedevano più corrispondere gli interessi sul capitale. Novanta richieste di recesso dai contratti non risultano mantenuti. Mons. Benvenuti è stato arrestato poco prima che partisse per le Canarie, dove stava spostando la sua residenza, e ora si trova ai domiciliari a Genova. La sua dimora in Italia era Villa Vittoria, il prestigioso palazzo quattrocentesco sulla scogliera di Piombino, che è stato posto sotto sequestro preventivo. Leonardo da Vinci progettò le mura della fortezza e ci soggiornò nel 1502. La villa fu anche residenza della principessa Elisa Bonaparte, sorella di Napoleone.

La Guardia di finanza ha messo i sigilli anche a un grande sito archeologico in Sicilia nel Centro Archeologico Museale di Triscina di Selinunte, a un immobile di Poggio Catino (Rieti) e altri immobili e terreni a Poppi (Arezzo). Nel mandato di arresto europeo è stato richiesto anche il sequestro di una villa in Corsica. “Questa ordinanza del giudice Schonsberg – ha commentato in serata il monsignore in una nota di tredici pagine diffusa da un ‘Comitato di sostegno internazionale a don Patrizio Benvenuti’ in cui ribatte punto per punto alle accuse – è una colluvie di menzogne che, guarda caso, ricadono puntualmente su di me e su Pandolfo (uno degli indagati, ndr); molte verità, ma talmente mischiate a bugie e falsità da far perdere la globale visione della realtà dei fatti”.

Benvenuti afferma di non aver mai indotto alcuno a versare capitali e di non aver mai promesso profitti. Lui stesso sarebbe stato raggirato e tradito. Dice di aver assecondato il finanziere francese Ventisette, “perchè avevo totale stima e fiducia di lui”. Il prelato ammette poi che suor Donata abbia sottoscritto due atti, ma esclusivamente su intervento di Ventisette. Il sacerdote smentisce, infine, di aver mai ricevuto denaro in contanti dalla religiosa.

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